Dallo schermo delle TV di tutte le case, soprattutto nel periodo di febbraio quando viene trasmesso il più seguito spettacolo musicale, riecheggiano le voci dei cantanti di Sanremo e viene spontaneo chiedersi: nell’epoca di internet e della tv è ancora necessario, importante e desiderabile, un teatro? Non è forse più efficace l’immediatezza di un “click” o la comodità di un telecomando in mano, che consente di spaziare da una programmazione ad un’altra? Forse. Eppure la tecnologia non è riuscita a soppiantare il fascino di un palcoscenico dove spettatori e teatro, attori e copioni, vengono percepiti in un tutto dinamico e pare che ciascuno sia nel posto giusto a svolgere la funzione a lui più consona, percependosi parte integrante fino a valicare, annullandola, quella sottile barriera tra spettatore e attore che scompare nel momento in cui il sipario si apre, quel sipario che, nella nostra città, si chiuse tristemente a seguito di un incendio nel 1967. Il teatro comunale di Barcellona Pozzo di Gotto era l’orgoglio della comunità, era il punto di riferimento dei barcellonesi, era il luogo in cui spettacolo e cultura si incontravano per allietare e arricchire lo spirito dei cittadini. Il teatro “Mandanici” ebbe, tuttavia, sin dalle sue origini, una storia complessa e affascinante, di quelle che ti lasciano col fiato sospeso, una storia di cadute e rinascite, di distruzioni e ricostruzioni, una travagliata storia lunga un secolo e mezzo che ha visto ben quattro inaugurazioni. Le prime tre, rispettivamente nel 1845, nel 1891 e nel 1933, nella sede più ricordata, accanto all’allora Monte di Pietà, nel luogo oggi dei “Giardini Oasi”. L’ultima, nella sede attuale, all’interno della Villa “Primo Levi”, nel 2012. Già nel lontano fine ‘800 le stagioni furono caratterizzate da articolati e ricchi programmi di lirica, prosa e operetta che videro tra i protagonisti le star dell’epoca, a partire dalla “Compagnia Drammatica Tessari”, una delle più importanti dell’Ottocento italiano, cui si deve lo spettacolo inaugurale del 1845, e molti artisti di Barcellona, che coltivarono, decennio dopo decennio, la passione per il palcoscenico. Con i suoi palchetti rivestiti di velluto rosso e i classicheggianti decori in oro, il “Teatro Comunale” così semplicemente chiamato, aveva visto infiammarsi i cuori dei barcellonesi e dei pozzogottesi che, in attesa dei garibaldini e sfidando i Borboni, lanciarono sul palcoscenico un tricolore durante la rappresentazione della “Traviata”. Fu proprio uno di questi patrioti, lo storico Filippo Rossitto, a proporre al Consiglio comunale di intitolare il teatro al musicista barcellonese Placido Mandanici, violoncellista, contrabbassista, pianista, operista, compositore e direttore di grande fama che aveva conquistato i principali teatri d’Italia, dal San Carlo di Napoli alla Scala di Milano. Dalla cenere di quell’incendio, forse di natura dolosa del 1967, il teatro risorge nell’estate del 1986, a cantiere aperto, con l’opera “Didone Adonais Domine” del concittadino Emilio Isgrò, per poi essere completato nel 2012. Dopo 45 anni, dunque, i barcellonesi hanno riavuto, finalmente, il loro teatro e, con esso, un rinnovato senso di appartenenza alla comunità. I dettagli classici hanno lasciato il posto a linee più moderne, a spazi più ampi, a giochi di luce e ad un palcoscenico in grado di ospitare grosse compagnie e articolate scenografie. Anche le emozioni sono nuove? No di certo. Sono gli stessi palpiti che hanno animato i cuori degli spettatori di ogni tempo, dall’antica Grecia ad oggi, perché a teatro non c’è uno schermo a dividere, ma uomini, da un lato e dall’altro, che con parole e applausi fondono i loro sentimenti in uno scambio continuo di emozioni drammatiche o risate comiche. Per questo il teatro è vita ed è il cuore pulsante di una comunità.
Santi Scarpaci
Classe II
Scuola Sec. di 1° grado “Foscolo” di Barcellona P.G.