Messina, assolti in appello i vertici del CAS accusati di omicidio colposo per l’incidente che provocò la morte di Provvidenza Grassi

- Cronaca

La Corte d’Appello di Messina, Seconda Sezione Penale (Presidente dott. Sagone, dott.ssa Orlando, dott.ssa Cannizzaro) ha totalmente riformato la sentenza di condanna che la Sezione Prima del Tribunale di Messina emise nel mese di gennaio del 2017 nei confronti di Gaspare Sceusa, Letterio Frisone e Maurizio Maria Trainiti per il sinistro stradale, verificatosi nel mese di luglio 2013 lungo la tangenziale Pa-Me in corrispondenza del viadotto Bordonaro ed a causa del quale perse la vita la giovane Provvidenza Grassi.

I funzionari del C.A.S. erano stati chiamati a rispondere del reato di omicidio colposo aggravato. La condanna in primo grado era stata motivata dal Collegio (allora presieduto dalla Dott.ssa Letteria Silipigni) sulle risultanze di una consulenza tecnica resa dal geom. Pirri, su incarico della Procura, che aveva concluso nel senso di ritenere che una barriera collocata in aderenza alla volta della galleria, anziché distante 40 cm come rilevato sui luoghi, avrebbe evitato la precipitazione dal viadotto ed il conseguente decesso della passeggera.

Avverso detta pronuncia avevano interposto appello tutti gli imputati ed il Responsabile Civile, Consorzio Autostrade Siciliane, sul rilievo (invero comune a tutte le difese) che nessuna barriera sarebbe stata in grado di scongiurare l’evento posto che – secondo le risultanze dei consulenti di parte – fu il primo impatto dell’auto contro la parete della galleria, a velocità elevata, a produrre le lesioni riscontrate in sede autoptica dalla dott.ssa Ventura-Spagnolo sul corpo della giovane ragazza.

Neppure dalla perizia disposta dalla Corte di Appello ed affidata all’ ing. Santi Mangano il processo ha superato le anzidette argomentazioni difensive e consegnato al processo la ragionevole certezza che una diversa collocazione della barriera avrebbe impedito la morte della malcapitata. Peraltro, in esito alla rinnovata istruttoria, è pure emerso quanto da sempre sostenuto dalle difese sin dal primo grado di giudizio, ovvero che il Direttore Generale del C.A.S. dell’epoca (Ing. Maurizio Maria Trainiti) ed il Direttore dell’Unità Operativa dei Servizi Tecnici (Arch. Letterio Frisone) non avevano avuto alcun ruolo nell’ambito dei lavori di riqualificazione delle Gallerie A/20 in esecuzione dei quali vennero eliminate le barriere, mentre l’ing. Gaspare Sceusa, pur assumendo le funzioni di Responsabile Unico del Procedimento, non aveva mai autorizzato l’installazione del tratto terminale di barriera con modalità diverse rispetto a quelle previste nel progetto originario, a firma del geom. Fortunato Aveni che ne aveva pure assunto la direzione lavori.

Sono stati impegnati nelle difese l’avv. Giuseppe Pustorino (per l’ing. Gaspare Sceusa); l’avv. Valter Militi coadiuvato dall’avv. Luigi Azzarà (per l’arch. Letterio Frisone); l’avv. Carmelo Galati (per l’ing. Maurizio Maria Trainiti) e l’avv. Giuseppe Lo Presti coadiuvato dall’avv. Francesco Torre (per il responsabile civile Consorzio per le Autostrade Siciliane).

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