Aver commesso il fatto nei pressi di un Commissariato di Pubblica Sicurezza era l’aggravante più difficile da affrontare per un ragazzo ventitreenne accusato di spaccio di marijuana.
I fatti risalgono al 2019 e tutto nasce a seguito di una perquisizione nei pressi del Paladiana di Milazzo, dove un uomo viene trovato in possesso di un modico quantitativo di stupefacenti. L’uomo viene quindi interrogato dai Carabinieri del Nucleo Operativo, senza alcuna garanzia di legge in quanto non assistito da nessun legale col presupposto che si trattasse solo di un assuntore e non di uno spacciatore. In quell’occasione, l’interrogato nomina l’imputato come soggetto che gli avrebbe ceduto la sostanza. In realtà, le indagini ulteriori dimostrano che l’imputato non ha niente a che fare con questo episodio. Si evince anche da perquisizioni domiciliari e personali e da tutti gli atti di indagine successivi all’interrogatorio.
Nonostante questo, il ragazzo, difeso dall’avv. Sebastiano Campanella, è rinviato a giudizio e nel corso del dibattimento chi lo aveva accusato, ha ritrattato totalmente quanto asserito e ha cambiato la dinamica dei fatti, dichiarando addirittura non solo di non averlo mai nominato, ma nemmeno di conoscerlo.
Dello stesso parere l’imputato che ha dichiarato di non conoscere questa persona, negando fermamente gli addebiti. Il Tribunale, in composizione collegiale, Presidente Murabito e a latere Spina e Polimeni, ha assolto l’imputato con la formula più ampia “perchè il fatto non sussiste”, ai sensi del 530 c.p., comma I.