La notizia dell’arresto dei due quindicenni accusati di violenza sessuale aggravata e di diffusione di materiale pedopornografico minorile nei confronti di una ragazzina dodicenne che ha interessato la comunità barcellonese, ha di certo scosso le coscienze e lasciati attoniti.
La nuova generazione sembra chiedere aiuto, sembra farlo nei modi peggiori perchè – probabilmente – grande e grave è il disagio che stiamo vivendo. Pensare che in una comunità di 50mila abitanti, in un contesto post-covid in cui i ragazzi sono sempre più rari e schivi a popolare le piazze fisiche, abbandonandosi alla rete, deve indurci a porci i giusti quesiti e a mettere in atto le giuste soluzioni per porre rimedio e fornire risposte, anche in maniera celere.
Probabilmente è grazie alla cronaca che il polso della nostra società può essere misurato o forse sono soltanto eventi gravi come questo che possono indurci a soffermarci, in un mondo che va toppo di fretta. Ma un giornalista non ha gli strumenti e non può sostituirsi a professionalità che si sono intestate una mission precisa e in cardine a quanto stiamo vivendo. Per questo, 24live.it ha chiesto alla dott.ssa Sonja Grasso, psicologa clinica e pilastro del Campus Crescita e al dr Savatore Rocco Calabrò, neurologo, sessuologo clinico, dottore di ricerca in psichiatria presso IRCCS Centro Neurolesi di fornirci il loro punto di vista per far sì che, davanti a tanta drammaticità, possiamo avere un indirizzo chiaro su come agire e cosa fare per fronteggiare l’emergenza.
Dr Calabrò, come si contestualizza in sessuologia la violenza sessuale di gruppo con contestuale diffusione di materiale videopornografico?
“La violenza sessuale di gruppo e adolescenziale è un argomento complesso che, chiaramente, trova le radici nell’educazione familiare e nel contesto in cui crescono i ragazzi.
Chi mette in atto questo genere di atti, a volte, non ha l’esatta percezione di cosa sta facendo. Spesso lo vive come un gioco, proprio in virtù del fatto che sono stati deresponsabilizzati dai genitori, che vivono estraniati dalla realtà e incapaci di rendersi conto delle loro azioni e delle conseguenze.
Il problema fondamentale nella violenza sessuale di gruppo è il branco, il ritorno dell’uomo a livello primitivo. In tal senso chi agisce non ha percezione delle proprie azioni e tratta gli altri come oggetti su cui sfogare, in questo caso, il proprio istinto sessuale, senza considerare i sentimenti, le emozioni degli altri e le conseguenze delle proprie azioni. Perchè? Perchè il gruppo deresponsabilizza, perchè è insita la convinzione che i genitori comunque ci proteggeranno, che la legge non farà nulla per punirci e tutti i luoghi comuni che conosciamo e che diventano convinzioni.
Altra riflessione riguarda le vittime che, soprattutto in questi contesti, avranno conseguenze pesanti per aver subito il tradimento della fiducia da parte del fidanzatino, dell’amico, di tutto il gruppo stesso, avendo riflessi drammatici, per i quali è necessario il counselling sessuologico e la psicoterapia. Stesse riflessioni possono farsi sulla diffusione di video e immagini. Esibizionismo, divertimento o vendetta sono sentimenti che portano a compiere queste azioni, indirizzate, sempre, ovviamente a un contesto, un sistema che le recepisce. Anche in tal caso le conseguenze psicologiche da parte della vittime sono gravissime. In entrambi i casi, si tratta di abuso“.
Dr.ssa Sonja Grasso, dal canto suo, come dobbiamo leggere i fatti accaduti?
“I fatti accaduti sono gravi e certamente allarmanti per la nostra comunità. Non sono questioni lontane e sentite solo nelle grandi metropoli, purtroppo sono fatti accaduti e molto vicini a noi. Non è utile mai soffermarsi sulle colpe, a maggior ragione davanti a determinati eventi. Sarebbe invece utile, e invito a farlo, cercare di riflettere su quanto accaduto. Gli psicologi sono soliti non dare delle risposte e indurre a delle riflessioni, ispirare domande ed è questo che vorrei provare a fare.
Perchè un quindicenne ha questa visione della sessualità? E i genitori, noi tutti, ce lo chiediamo come i nostri figli vivono la sessualità? Dove la apprendono e la apprendono in maniera adeguata e sana? Cosa gli abbiamo comunicato e come lo abbiamo fatto? La notizia appresa non riguarda i protagonisti soltanto, ma riguarda tutto il gruppo, tutta la comunità, tutti noi. C’è un branco che freme per la condivisione di certi contenuti, evidentemente inappropriati, li considera trofei. Lo stesso gruppo ha questo modo di vivere le emozioni in maniera deviata. Chi si aspetta questi video? Quale ‘sistema’, quale dinamica complessa sorregge questo orientamento? Tutti noi dovremmo fare una riflessione su quanto accaduto. Chiederci quali sono le urgenze dei nostri adolescenti è solo l’inizio, declinare la domanda in quanto persone, professionisti, genitori, uomini e donne è necessario. E domani mattina, cosa fa la scuola? Che decisioni prende? Continua le normali lezioni o affronta l’argomento per cercare di capire qual è il pensiero dei ragazzi? E i contesti vicini ai ragazzi, quelli che si occupano di educazione e di età evolutiva? E soprattutto, chi ne parlerà? Abbiamo professionisti competenti con adeguati strumenti che possono indurre i ragazzi a questo tipo di riflessione? Educazione sessuale, competenza emotiva, relazioni e abilità sociali: sono questi i temi che devono essere cavalcati e in maniera giusta, efficace, da professionisti specializzati. Non basta uno sportello, serve un allenamento al pensiero, alla riflessione, fatto in un contesto gruppale.
Altro aspetto importante, aldilà delle riflessioni necessarie, è fornire delle indicazioni ai genitori. Sono proprio loro che devono affrontare questi discorsi, non in merito soltanto all’aspetto buio di quanto accaduto, ma ponendosi le giuste domande e aguzzando la loro sensibilità rispetto alla percezione che questi ragazzi hanno della loro sessualità e delle loro emozioni, delle relazioni. In un mondo in cui il modello-genitore non è più univoco, mamma e papà possono sfruttare gli innumerevoli ‘canali’ dai quali cogliere certi aspetti per conoscere esattamente qual è il pensiero dei propri figli riguardo a quanto accaduto. Il modello, adesso, proviene anche dalla rete e non più soltanto dalla famiglia, dal quartiere e dalla città. Monitorare, supervisionare e confrontarsi sui temi. Da genitore non devo entrare nell’intimità dei miei figli, ma devo capire bene qual è il modello, capire i pensieri dei miei figli e ascoltare la propria percezione. A volte non si hanno gli strumenti per affrontare determinati temi, altre volte i genitori tendono a negare la percezione, senza pensare che ci sono dei professionisti ai quali rivolgersi.
Da psicologa, non posso far altro che invitare la collettività alla riflessione e i genitori a percepire, monitorare, ascoltare e confrontarsi. L’appello non può non coinvolgere anche le istituzioni a mettere in atto tutti gli strumenti e ad entrare nei contesti. Infine, ai ragazzi dico che devono ascoltarsi, capire e capirsi, avere contezza di quello che gli accade. Se percepisco che una relazione non mi piace, che una persona mi sta prevaricando, se quello che l’altro mi chiede non è la mia volontà, se qualcosa nel rapporto non è melodico, e parlo di ogni tipo di rapporto, devo ascoltare il campanellino di allarme. Se qualcosa non va bene, non deve per forza andarmi bene. L’amore, la relazione, l’affetto, l’intimità è qualcosa che deve suonare come una melodia, diverso da tutto ciò che ci fa sentire inadatti, screditati, loschi. Ascoltatevi e ascoltate il vostro desiderio di fare o non fare determinate cose, non forzate nulla, l’amore non è una forzatura e l’intimità deve rispettare dei tempi, una condivisione. Se questo non c’è, bisogna fermarsi. E se percepiamo qualcosa di non chiaro e pericoloso, dobbiamo fermarci a riflettere e a chiedere aiuto, se serve.
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