Oggi si conclude lo speciale dedicato alla figura di Luigi Valli, realizzato dalla Pro Loco Manganaro e da 24live.it.
Dopo “Il dantismo di Luigi Valli e il segreto dei Fedeli d’amore” e “ Il salotto Picardi De Gregorio Valli”, oggi pubblichiamo “Il canto IV dell’Inferno, Lectura Dantis di Luigi Valli”.
Nel IV canto dell’Inferno emerge la visione dantesca del mondo classico, diversa da quella della cultura medioevale cristiana, che disprezzava gli autori latini e greci perché pagani. Luigi Valli nel commento da lui letto in Orsanmichele, a Firenze nel 1914 sottolinea che Dante Alighieri ha rivalutato i sapienti vissuti prima di Cristo, che sono definiti “sospesi” nel Limbo. Valli condivide l’ipotesi di Pascoli che Dante – opponendosi contro l’ortodossia tomistica della Scolastica – ha immaginato che Virgilio insieme ai giusti e ai piccoli non battezzati sono sospesi temporaneamente, cioè sono in attesa di una seconda venuta di Cristo, essendo destinati a trasferirsi per l’eternità – forse – nella foresta della naturale innocenza, posta alla sommità del Purgatorio. In pratica – secondo Valli – Dante ha anticipato l’Umanesimo, in quanto l’antichità pagana è stata da lui presentata come l’infanzia innocente e sventurata dell’umanità.
Nel castello illuminato del Limbo Dante – sesto tra cotanto senno – è accolto da Omero, Orazio, Ovidio e Lucano, oltre che dalla sua guida Virgilio. E’ più fortunato di loro, perché la sua cultura è più completa di quella dei grandi dell’antichità: è infatti illuminata da tre donne in cielo (la Madonna, S. Lucia e Beatrice), che lo guidano verso la sapienza divina. Ha ricevuto il compito di cantare la restaurazione dell’impero, che sarà attuata per merito del veltro, l’Aquila, in concordanza con la Croce, la Sapienza celeste spirituale.
Ciò che freme più intimamente per tutto il poema sacro – dice Valli – non sono soltanto i drammi dell’amore e dell’odio (che si perseguono dopo la morte, in Francesca da Rimini e nel conte Ugolino), né il dramma politico (che si conclude nell’aspettazione del Veltro e della palingenesi umana), ma è soprattutto il dramma morale (che si combatte nel chiuso dell’anima di Dante), cioè Il dramma delle due giustizie: la giustizia del suo cuore umano – che assolve i pargoli innocenti e i giusti, che ignorarono Cristo, e reclama per loro la salvezza eterna – in antitesi alla giustizia della tradizione e della fede cristiana, che faceva pesare sui non battezzati l’antico fallo di Adamo, per cui nessuno che non sia rinato con l’acqua del battesimo e con lo spirito santo può entrare nel regno dei cieli.
Dante – sostiene Valli – non accettò supinamente la giustizia della fede. In lui la giustizia del cuore non si è lasciata soffocare. E il dramma antico delle due giustizie si ripresenta nel canto XIX° del Paradiso, dove pone la domanda: ov’è questa giustizia che condanna un uomo non battezzato? Ad essa l’Aquila di luce risponde che i giudizi di Dio trascendono la comprensione umana e che la sua giustizia più profonda è mistero. Dante – conclude Valli – gettò un fascio di luce nuova sugli eroi della grandezza antica, sul loro intelletto libero, in modo da farli rinascere, a portare nuovamente sulla terra il pensiero e la volontà dell’uomo.
Nella nostra città Luigi Valli è stato ricordato nel 1936, quando su proposta della moglie Angelica Picardi fu apposta una lapide nell’androne del Convento dei basiliani, allora sede del Liceo classico; nel 1952, dopo che gli fu intitolato il Liceo; nel 1965 per celebrare il settimo centenario della nascita di Dante, su iniziativa di Alberto Torre, direttore della Biblioteca comunale; nel 1994, quando nel nuovo edificio gli fu dedicata una lapide a cura della Pro Loco (dettata dal Gino Trapani) e insieme al Liceo fu organizzato un convegno sulla sua attività critica, filosofica e poetica; nel 2012 con la presentazione della sua biografia di Maria Rosa Naselli. Nel 2015 Franco Lanzellotti ha pubblicato la storia del Liceo Valli con due edizioni.