Nell’appassionato clima elettorale barcellonese, oscillante tra il timore di un improvviso scioglimento del Comune e seri dubbi sull’imminente futuro amministrativo della Città del Longano, sembra calzare a pennello la recente pubblicazione del libro “La net comunicazione politica”, un vademecum per tutti coloro che vogliano conoscere il nuovo modo di fare campagna elettorale in Rete.
Innegabile ammettere come la nascita del web e la diffusione dei social network abbiano del tutto sconvolto le modalità di comunicare, soprattutto nel momento in cui l’azione di connettersi con gli altri e di fornire informazioni diviene imprescindibile e necessaria, come nel caso di una campagna elettorale. Il sociologo Francesco Pira, autore del saggio, nonché docente universitario e Consigliere Nazionale dell’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica, spiega passo passo il nuovo modo della politica di approcciarsi alla Rete, facendo anche un paragone con la realtà americana, nella quale un’ottima strategia comunicativa è stata alla base del successo di Barak Obama alle ultime presidenziali. Pira analizza il contesto italiano, spiegando come ci si trovi di fronte a un nuovo tipo di comunicazione, decisamente diverso rispetto a quello uno-a-molti della tv generalista e dei quotidiani; adesso il cittadino è pienamente coinvolto nelle dinamiche di definizione delle faccende politico elettorali, perché si è assistito a una “liberalizzazione” del contesto comunicativo, nella quale chiunque può immettere in Rete le proprie informazioni e i propri punti di vista. Ma tale situazione, riflette Pira, può anche divenire una trappola. Un tempo erano i giornalisti e la politica a stabilire di cosa si sarebbe parlato nei talk show e cosa sarebbe stato inevitabile affrontare nei programmi elettorali; ora bisogna guardare al mondo virtuale, a cosa “circola” per la Rete. Il politico non può esimersi dall’essere presente anche in questa nuova realtà. Ciò non significa che basteranno un sito-vetrina o un profilo su Facebook, Twitter o Linkedin a regalare migliaia di voti ai candidati “online”, bisogna saper utilizzare questi nuovi strumenti e, soprattutto, sfruttarne la principale potenzialità: non più solo informazione, in cui l’utente-lettore è unicamente destinatario del messaggio elettorale, ma comunicazione, in cui l’utente-produttore contribuisce alla definizione del programma elettorale, segnala le proprie esigenze, si autocomunica.
L’intervista
Che cos’è la net comunicazione e perché ha deciso di affrontare un simile argomento?
Ho scritto parecchio sulla comunicazione politica negli ultimi 10 anni ed in particolare negli ultimi 3 mi sono dedicato al fenomeno Obama. Questo libro vuole spiegare come i social network, non soltanto in Italia, stanno cambiando il modo di far politica. Chi vuole far politica oggi deve fare i conti con il web. In questo momento l’antipolitica è molto più presente della politica, che non ha ancora trovato il modo per utilizzare al meglio la Rete. Oggi purtroppo si fa molta propaganda e poca comunicazione politica. C’è molto marketing elettorale e scarso confronto. E la politica pensa di utilizzare la Rete soltanto per autocelebrarsi ed il rischio concreto è che vinca l’antipolitica.
In che modo l’avvento di Internet ha cambiato il modo di fare comunicazione?
Beh, oggi la Rete ha del tutto stravolto le vecchie regole di informare e comunicare. Radio, tv e giornali, sono molto attenti a quanto accade online: nel primo pomeriggio qualcuno posta un video simpatico su Facebook e la sera diventa spunto per un servizio al tg, e ne parla anche la radio, e ne scrivono i giornali. Negli Stati Uniti Ross Dawson, che gestisce il blog Trends in the Living Networks, ha delineato otto aspetti fondamentali del giornalismo on line: tempestività, approfondimento, intuizione, il design, la reputazione, la comunità, il lavoro di filtro e la rilevanza. Oggi il mondo virtuale offre una “cultura partecipativa”, una comunicazione molti-a-molti in cui tutti contribuiscono alla formazione dell’informazione, ma anche un’autocomunicazione di massa, in cui ognuno decide di essere presente virtualmente fornendo informazioni su di sé e su ciò che lo riguarda. Ogni cittadino diventa giornalista o comunicatore, è l’era del protagonismo dei cittadini.
Davvero l’utilizzo di Internet e dei social network sarà determinante per i risultati elettorali?
I social network possono influenzare le campagne elettorali se fanno parte di una strategia. Se si pensa di vincere soltanto sulla Rete, anche per risparmiare, in Italia non è facile. Il futuro della comunicazione politica è sul web. Ma non sarà un passaggio immediato. Ci vorrà del tempo. In Rete conteranno molto la reputazione e la credibilità. Come Obama ha dimostrato, saranno vincenti tre cose: valori, contenuti e strategie. Senza questi ingredienti la comunicazione politica in Rete sarà inefficace. Questo non significa che la Net Comunicazione Politica soppianterà del tutto le vecchie strategie elettorali, può soltanto integrarle. Le nuove tecnologie ci permettono di far viaggiare, testi, suoni, immagini. È cambiato il modo stesso in cui si comunica. Si può essere superficiali e pieni di contenuti sia se i messaggi sono lunghi o se sono brevi. Conta la sostanza. Manifesti, comizi e cene rimangono. Ma cambiano le modalità di approccio. Obama per esempio attraverso la Rete organizza le sue cene a casa degli elettori. Poi li incontra fisicamente. La Rete può essere mezzo, strumento e messaggio.
Cosa consiglia ai politici che hanno intenzione di utilizzare la Rete per le loro strategie?
Un buon politico deve utilizzare Internet sfruttandone tutte le potenzialità, prima di tutto la capacità di coinvolgere i giovani. Il rapporto tra giovani e politica è pressocché inesistente perché la politica non sa parlare ai giovani. Non li entusiasma, non li raggiunge, non sa tradurre in concreto la speranza di un futuro. Obama ad esempio sa che sulla Rete deve adattarsi ai linguaggi dei giovani. Non basta andare su Facebook e fare i simpatici o annunciare che si è sempre collegati, serve ben altro. La piazza è la piazza, la tv è la tv, la Rete è la Rete, ognuno col suo peculiare modus operandi. La politica in Italia non conosce il web perché non l’ha mai davvero studiato. E se la Rete diventa un processo unicamente riconducibile alle elezioni, è la fine.