Barcellonese sopravvissuto ai lager festeggia 100 anni nel giorno della Festa della Repubblica

- Attualità, In evidenza

Lo stesso giorno in cui la nostra Repubblica compie settantaquattro anni spegne cento candeline il barcellonese Basilio Genovese, soldato italiano deportato nei lager nazisti proprio per aver lottato in nome di quegli ideali di democrazia e di libertà su cui si fonda il nostro Stato.

Deportato nel campo di concentramento di Oschatz in Germania, dopo la fine dell’alleanza dell’Italia con Hitler, Basilio finì tra gli oltre seicento mila militari italiani fatti prigionieri dai tedeschi, perchè si erano rifiutati di collaborare con fascisti e nazisti.

Egli è uno dei pochissimi soldati italiani riusciti a sopravvivere all’inferno dei lager, per superare il quale si è aggrappato con tutta la sua forza ad una fede incrollabile in Dio. Ad aiutarlo, dopo che le sue condizioni di salute erano peggiorate, anche una famiglia tedesca, i cui discendenti Basilio ha cercato di rintracciare senza alcun risultato.

Dopo una lunga esistenza vissuta all’insegna dell’amore verso il prossimo, la natura e la famiglia, Basilio oggi compie un secolo di vita, bissando un traguardo che nei momenti bui della deportazione, quando si poteva morire solo per un “sì” o per un “no”, sembrava veramente irraggiungibile. Eppure, nonostante tutte le atrocità sperimentate sulla sua pelle, non solo è riuscito ad uscire vivo dal campo ma anche a condurre un’esistenza dignitosa, grazie alla sua umiltà e semplicità di contadino, che ha trascorso i suoi anni a lavorare ininterrottamente la terra fino a quando le forze glielo hanno consentito.

Superato con grandi difficoltà il trauma della deportazione, l’ex combattente dal cuore buono si è costruito una famiglia con Tindara Livoti, scomparsa da un paio di anni, con la quale ha vissuto la gioia della paternità dopo la nascita della figlia Antonella, che fino ad oggi lo accudisce con grande dedizione. Nella sua vita quotidiana è circondato anche dall’affetto dei suoi nipoti Nicolò e Martina, ma il ricordo dell’orrore vissuto nei campi di concentramento non lo abbandona mai, neanche adesso, nonostante gli inevitabili acciacchi dell’età ed una memoria che non è più quella di alcuni anni fa. Ancora oggi, in un giorno di festa, ribadisce il dovere di non dimenticare, esattamente come hanno affermato molti dei sopravvissuti, tra i quali il più noto è Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.

Oggi la figlia Antonella ringrazia quanti, soprattutto gli abitanti del quartiere di Santa Venera, sono stati vicini al padre per organizzare la festa dei suoi cento anni, una ricorrenza semplice, anche a causa delle restrizioni imposte dall’emergenza Coronavirus: “Desidero dire grazie – afferma – ai parenti e a tutti gli amici che con tanto affetto hanno deciso di partecipare a questo evento particolare della nostra comunità. Grazie all’aiuto di Dio mio padre ha vissuto la sua esistenza con grande dignità, nonostante questa sia stata attraversata da eventi storici drammatici come la seconda guerra mondiale e l’internamento nel lager in Germania. Sorretto sempre da una saldissima fede, una delle gioie più grandi della sua vita è stata quella di ricevere, nel 1950, la carezza del santo più amato del secolo scorso, padre Pio da Petrelcina”.