“Ecco perchè il finanziamento da 25 mila alle imprese non ha funzionato”

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Salvatore Ravidà, Presidente AECI Barcellona Pozzo di Gotto, ha inviato una nota per esprimere tutta la preoccupazione delle imprese in merito alle misure adottate a sostegno delle attività produttive messe in ginocchio dell’emergenza Covid-19

“In riferimento al finanziamento pari al 25% dei ricavi e fino a 25.000 euro, è sotto gli occhi di tutti che, il c.d.”decreto liquidità” abbia delle falle. Chi lo ha  definito “Bazooka” credo sappia che le banche sono imprese private e non statali (fa strano che siano state chiamate in causa senza essere prima consultate). Sono soggette a leggi italiane, europee (vedi Basilea) e sottoposte a vigilanza da parte degli enti preposti,  per causa delle quali sono obbligate all’esatto contrario di quanto proclamato, ovvero hanno l’obbligo, in ogni caso, pena sanzione e in alcune occasioni anche rischiando la sospensione della loro operatività, alla valutazione del merito creditizio, rendendo quindi  impossibile quanto “esposto”, verbalmente, nel corso della presentazione della “POTENZA DI FUOCO”. Nel decreto, infatti, è scritto chiaro che le banche erogano “dopo aver fatto verifica FORMALE dei requisiti”(art.13 lett m). La possibilità di non procedere con i criteri del merito creditizio è riferita alla emissione della garanzia e non all’erogazione del finanziamento stesso. In caso di inadempienza del creditore, il fondo di garanzia verifica, tramite richiesta ufficiale, i requisiti del debitore compreso il modus operandi con il quale la banca ha provveduto a deliberare ed erogare il prestito. Se vi sono delle difformità, tra regole e delibera, la garanzia non verrà riscossa dalla banca, come anche avverrebbe, se non provvedessero entro i tempi previsti (credo 3 rate insolute) alla risoluzione del contratto di finanziamento e a chiedere l’importo del debito residuo al fondo (ovviamente la garanzia è a scalare, copre sempre e comunque il debito residuo e non quello iniziale per tutta la durata del finanziamento). Fondo che ad oggi potrebbe coprire il default di 1 parte su 10, viste le somme messe a disposizione. Questo ultimo fattore causa una giustificata “prudenza“ delle banche, le quali si potrebbero trovare ad aver erogato crediti non coperti dalle garanzie se, come recita, il decreto non bisogna aspettare l’esito del fondo aspettano materialmente l’emissione della stessa garanzia con i tempi necessari. Il cliente, paradossalmente, viene anche tutelato da questo “Atto di prudenza” perché, se non venisse emessa la garanzia rischierebbe di non poter godere delle agevolazioni del prestito garantito. Esisteva già per le Pmi  il fondo di garanzia (Medio Credito Centrale  abbr. MCC) che garantiva all’80% i prestiti. La differenza con la modalità descritta nel decreto è che il fondo valutava i requisiti e quindi si assumeva la “responsabilità” della emissione della garanzia. Con il sistema annunciato adesso, invece, lascia alle banche anche il compito, ma soprattutto la responsabilità e la discrezionalità, per loro conto, di accertarne i requisiti, requisiti che , ribadiamo,sono quelli previsti per l’accesso al credito. Ne deriva che saranno le banche a decidere , chi possa prendere l’aiuto dello stato.

I prestiti chirografari, contratti con la garanzia statale, se non pagati, possono trasformarsi in cartelle  esattoriali. La banca riscuote il credito residuo dal fondo e quest’ultimo diventa creditore nei confronti del debitore iniziale ed ha obbligo di recuperare il credito, ne deriva che si possa arrivare ad avere ipoteche.

Per quanto riguarda le “MORATORIE”, ossia le sospensioni delle rate di prestiti e mutui, sarebbe auspicabile, controllare le condizioni proposte dalle singole banche, in quanto, anche qui, non vi sono delle direttive precise, lasciando in alcuni casi libertà di azione agli istituti di credito. Consiglio da tenere a mente è quello di richiederle solo se realmente necessario, in quanto sono sempre ulteriori costi. Le Banche, essendo impossibilitate per normativa ad eseguire “ATTI D’AMORE”, probabilmente, preferiscono “SOSPENDERE”, loro sponte, il pagamento delle rate, piuttosto che trovarsi, con parecchie pratiche di prestito già in ammortamento, a rischio default.  Contestualizzando questo intervento dello stato alla “ratio” per il quale nasce (si legge all’art.1 del dpcm pubblicato in Gazzetta ufficiale il 08/04/2020) e di seguito esposto “Al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall’epidemia COVID 19”, si potrebbe ritenere, per quanto fin qui esposto, un atto “DISCRIMINATORIO”  nei confronti delle partite Iva, che non hanno accesso al credito, ma che, comunque, pagano le tasse (anche con le spese giornaliere), contribuendo quindi alle somme per creare il fondo, ma non potendone usufruirne in quanto, appunto, non ha accesso al credito. Un ulteriore effetto di questa “ formula di aiuto”, potrebbe essere a vantaggio della “OPPORTUNITA’ “ più che della “NECESSITA’“ nel senso che, ovviamente, molte imprese pur se non in condizioni di stretta necessità economica, potrebbero pensare di approfittare dell’operazione a tasso e modalità vantaggiosa, al fine di assumere liquidità da sfruttare commercialmente. Ne deriverebbe però che si andrebbero a danneggiare ulteriormente tutte quelle aziende sopra citate che non hanno accesso al credito e magari, in precarie condizioni economiche che , pur se dovrebbero essere le reali destinatarie degli aiuti, rischierebbero la chiusura”.

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