Maria Famà è il nome della ventiseienne barcellonese, volontaria 118 ad Asti, una delle prime cinque province piemontesi a rientrare nella zona rossa a causa del Coronavirus.
“In attesa di essere chiamata come infermiera in ospedale, sono volontaria 118 e lavoro in ambulanza. Non è bello quello che stiamo vivendo. Siamo andati, e purtroppo andiamo, a prendere delle persone positive al COVID-19, ma ovviamente non possiamo sempre averne la certezza perchè il tampone viene fatto in un secondo momento dai medici e dagli infermieri. – racconta Maria – Tutti i pazienti che soccorriamo, in questo momento, vengono trattati come se fossero positivi al virus, perchè non si può fare altrimenti. Li accompagniamo dove possono essere soccorsi e dove vengono sottoposti ai test del caso. I più sfortunati sono trasferiti dalle tende di soccorso in rianimazione. Questo fino a quando c’era posto in rianimazione, da un po’ è tutto più complicato e quindi alla mancanza sopperiscono i reparti di medicina e malattie infettive dell’Ospedale Cardinal Massaia dove presto servizio”.
Un racconto veloce che fornisce il quadro di una situazione di emergenza, ma con voce pacata e a tratti spezzata dal fiato che manca a Maria per ripercorrere, forse più velocemente possibile, gli episodi spiacevoli. “La realtà non è solo quella dell’emergenza, ma c’è l’emergenza nell’emergenza e la saturazione dei posti implica trascurare chi ha un’esigenza che non è legata al virus. Succede che, quando la centrale ci chiama non sempre la nostra risposta può essere immediata e le emergenze per incidenti o fratture o qualcosa di diverso dal Coronavirus, si mettono in coda e se non sono davvero gravi, i pazienti non si accompagnano in pronto soccorso. E’ il protocollo. – aggiunge Maria che, ricordando i primi giorni di emergenza sottolinea – Nei primi giorni di conclamata emergenza, è stato davvero il caos. Oltre all’epidemia, di pari passo, si è sviluppata la psicosi e perciò la gente chiamava perchè sentiva l’esigenza di avere chiariti i dubbi, di essere rassicurata sul fatto che la sintomatologia non corrispondesse a quella del virus. La situazione adesso, anche se si è tranquillizzata, rimane tragica. Tra morti e guariti, le persone in quarantena sono tantissime. Si vive nell’angoscia, si vive chiusi dentro Asti, purtroppo anche qui alcuni continuano ad uscire di casa pur essendo in regime di quarantena e nonostante siano stati intensificati i controlli sul territorio”.
“E’ davvero brutto perchè la gente continua a morire. – si interrompe Maria che descrive anche la realtà delle Residenze Sanitarie Assistenziali, che in emergenza sono diventate anche luoghi per ospitare i positivi al Covid-19.
“Lo racconto a 24live per chiedere a tutti i siciliani, a tutti i miei concittadini di rimanere a casa perchè è di vitale importanza e non si fa per dire. Poi succedono anche cose belle… – continua Maria – Succede che prima che arrivino i medici, si riesca ad animare una giovane donna in arresto cardiaco oppure che qualche bambino nasca in ambulanza. Sono cose davvero rarissime che, però, mi sono capitate e che porto nel cuore come esperienze positive che ti danno la carica”.
Alla domanda ‘Ma tu come la stai vivendo?’, Maria dice semplicemente: “Come qualsiasi altro operatore, in qualsiasi altra parte del mondo. Sono spaventata, ma la passione per il lavoro che ho scelto mi fa dare più importanza all’azione e meno alla situazione che stiamo vivendo. Così se non penso che stiamo vivendo l’incubo del Coronavirus, mi sembra di intervenire come in una normale emergenza. Quando torno a casa, però, ci penso e penso che andrà tutto bene e quando sarà tutto passato, la prima cosa che farò sarà tornare a casa mia, dalla mia famiglia“.
