Diffamò Parmaliana, parte il processo al pg Cassata

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Ha avuto inizio nei giorni scorsi il processo al Procuratore Generale di Messina Franco Cassata, accusato di concorso in diffamazione pluriaggravata nell’ambito del “caso Parmaliana”.

 

Dopo un iter accidentato, fatto di rinvii e astensioni, il dibattimento è iniziato venerdì scorso dinanzi al giudice di pace di Reggio Calabria Lucia Spinella. Il processo prende le mosse dalle indagini condotte dal sostituto procuratore Federico Perrone Capano, secondo il quale nel settembre 2009 il pg Cassata si sarebbe reso protagonista dell’invio di una lettera anonima intitolata “A quanti odiano le falsità”, contenente accuse diffamatorie all’indirizzo di Adolfo Parmaliana, morto suicida nell’ottobre del 2008.

La missiva, recapitata al sindaco di Terme Vigliatore, Bartolo Cipriano, e al senatore del Pd, Giuseppe Lumia, avrebbe avuto un chiaro intento denigratorio: nel decreto di citazione a giudizio, infatti, Cassata viene accusato di diffamazione con l’aggravante di aver agito per “motivi abietti di vendetta” in risposta alla lettera-testamento di Parmaliana sugli intrecci tra mafia e istituzioni messinesi e barcellonesi.

Dopo l’astensione del primo giudice incaricato, Giandomenico Foti, in ragione dei rapporti di amicizia con l’imputato, e il ritiro per raggiunti limiti di età di chi gli era subentrato, il giudice Antonio Scordo, è stato designato il nuovo giudice Lucia Spinella, che ha proceduto all’ammissione delle prove richieste dalle parti. Il primo teste ad essere sentito è stato il luogotenente dell’Arma dei Carabinieri Giuseppe Musarra, indicato dal pubblico ministero Federico Perrone Capano. Musarra ha ricostruito le fasi del ritrovamento dell’auto e del cadavere del professore Adolfo Parmaliana, gettatosi dal viadotto autostradale di Patti Marina la mattina del 2 ottobre 2008. Musarra, che all’epoca dei fatti comandava la stazione dei carabinieri di Patti, racconta che sull’auto vennero ritrovati due post-it che indicavano l’esistenza di una lettera, riposta sulla scrivania dello studio del professore, che spiegava i motivi del suo gesto. Nel pomeriggio del 2 ottobre, riferisce Musarra, la lettera-testamento venne trovata e prelevata dai carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, di cui faceva parte anche il Tenente Salvatore Ferraro. Proprio Ferraro sarà ascoltato nella prossima udienza, che si terrà giovedì prossimo.

 

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