La cronaca giudiziaria, a volte, coinvolge anche a chi, di mestiere, è demandata la funzione requirente.
La vicenda interessa due poliziotti e vede prosciolto uno dei due, per il quale si è conclusa nella migliore delle ipotesi, rimasto incastrato dallo snodarsi degli eventi.
Un poliziotto – all’epoca dei fatti, in servizio presso il Commissariato di Barcellona – ha interrogato la banca dati riservata all’attività per finalità proprie e del figlio, a titolo personale con le proprie credenziali, e per questo è scattata un’indagine a suo carico.
Dalle verifiche ministeriali si è accertato che il nominativo “incriminato” in altre due diverse occasioni era stato interrogato dal Famà Carmelo – in servizio al Commissariato di Milazzo – ed in virtù di ciò quest’ultimo si è trovato coinvolto nella vicenda.
Dagli accessi, ritenuti illegittimi, nasce un’indagine a carico dei due per accesso abusivo al sistema informatico e telematico ex art. 615-ter del codice penale. Si giunge così alla richiesta di rinvio a giudizio solo per Famà Carmelo, il quale chiede di essere giudicato. A differenza dell’altro poliziotto che ha, invece, richiesto la messa alla prova.
Ieri, davanti alla dottoressa Tiziana Leanza, Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Messina a cui è demandata la competenza in questi casi, il Famà ha reso delle dichiarazioni spontanee ed è stata prodotta dal suo avvocato di fiducia, l’avv. Sebastiano Campanella, documentazione dalla quale si è evinto che l’accesso alla banca dati rientrava esattamente nelle sue mansioni, dal 2014 in poi. Famà, che già aveva chiarito nell’immediatezza dei fatti tramite una nota il motivo della ricerca all’interno del sistema telematico, ha reso dichiarazioni spontanee ribadendo quanto già chiarito in precedenza. Accertato che nessuna azione contra legem è stata dunque effettuata dal Famà, all’esito della Camera di Consiglio, il Gip lo ha prosciolto.