Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza

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Per gli italiani, le donne hanno dei limiti quando si parla di accesso alle professioni e al mondo del lavoro. Colpa della loro scarsa forza, resistenza e capacità fisica (46,9% – e lo pensano anche le donne: 43%) o del loro carattere (27,9%).

Tanto che una donna su quattro crede che carriera lavorativa, leadership politica, guadagno da lavoro siano “naturalmente” a maggiore appannaggio degli uomini. 

Ecco perché la parità di genere – ovvero la “condizione nella quale donne e uomini ricevono pari trattamenti, con uguale facilità di accesso a risorse e opportunità, indipendentemente dal loro genere sessuale” – è ancora un miraggio per la metà degli italiani (49,8%), non solo sul lavoro.

Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine Inclusion condotta da AstraRicerche per Gilead Sciences su un campione rappresentativo della popolazione italiana e resi noti in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza di oggi 11 febbraio, iniziativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, patrocinata dall’UNESCO.

Gli ambiti in cui le differenze di genere sono più forti riguardano la carriera lavorativa, tanto nella possibilità di ricoprire ruoli ‘alti’, quanto nella leadership politica e amministrativa e nel guadagno da lavoro. A pensarlo sono soprattutto le donne (67%), ma la percezione degli uomini non è poi così diversa (56%).

Oltre un italiano su 5 pensa che se in una coppia eterosessuale entrambi lavorano, è giusto che l’uomo abbia maggiore opportunità di crescita professionale/lavorativa. 

Non solo: la stessa percentuale sostiene che “le bambine che amano giocare con i giochi ‘tipici’ dei bambini (robot, costruzioni, …) e i bambini che amano quelli ‘tipici’ della bambine (bambole, mini-cucina giocattolo, …) cresceranno con confusione nella loro mente sui ruoli di donne e uomini”.

Inoltre, le donne rappresentano solo un terzo dei laureati in Europa in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, solo il 15,5 per cento delle start-up ha come fondatrici donne attive sulla scena delle nuove imprese. Ma i trend sono incoraggianti.

Tuttavia, i dati mostrano anche che le imprenditrici appartenenti a quest’area geografica realizzano di più con il denaro che ricevono, superando gli uomini in termini di produttività del capitale e generando il 96% di entrate in più ogni per 1 euro di finanziamento ricevuto rispetto alle start-up fondate da uomini. Le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori sanitari in Europa (70-80%). E nell’Europa centrale, orientale e meridionale, la percentuale di donne medico è la più alta tra i paesi sviluppati. Nei paesi baltici, nei paesi di Visegrád, in Slovenia e in Portogallo, la maggioranza dei medici sono donne, superando la media OCSE del 49%.

Ora osserviamo tre forti trends. In primo luogo, le donne che portano innovazione nella sanità provengono da settori più disparati. Naturalmente la scienza e la tecnologia sono predominanti, e molte donne vengono direttamente dai laboratori di ricerca, ma ci sono anche laureate in scienze sociali. Esistono molti ruoli diversi nell’innovazione sanitaria in cui le donne possono inserirsi rapidamente. In secondo luogo, osserviamo che sempre più start-up sono co-fondate e/o guidate da donne. Infine, notiamo che c’è un’ondata di discussioni sulla creazione di pari opportunità per le start-up guidate da donne, e osserviamo una tendenza all’interno dell’ecosistema delle start-up in cui i Venture Capitalist si dimostrano più aperti a investire sulle nuove imprese guidate da donne”, ha dichiarato Chiara Maiorino, Ecosystem Lead for Italy di EIT Health InnoStars, l’organizzazione leader che sostiene lo sviluppo dell’innovazione sanitaria.

Secondo l’ultimo report dell’Unesco, infatti, gli scienziati nel mondo sono per il 72% uomini. In Italia, i dati di quest’anno relativi alle iscrizioni universitarie vedono in aumento le immatricolazioni femminili nelle facoltà di ingegneria (+3,37%) e di informatica (+16,36%), ma le donne restano poche: le studentesse STEM, infatti, sono un sesto dei loro colleghi.

Tra gli esempi fattivi di incoraggiamento e ingaggio di giovani donne e donne scienziato vi è una realtà palermitana: la Fondazione Ri.MED che rappresenta un esempio nella valorizzazione della componente femminile nella scienza.

Dei 79 ricercatori attualmente in forza (tra group leader, principal investigator, scientist, post-doc, borsisti, dottorandi e tecnici specializzati) 49 sono donne. Una squadra al 62% femminile, composta da donne brillanti e capaci, che conducono importanti progetti di ricerca in ambito medico-scientifico, e contribuiscono in modo determinante al raggiungimento dei risultati di Ri.MED, tra cui 28 brevetti già depositati e quasi 500 pubblicazioni scientifiche su peer review journals con rilevante impact factor.

Alcune scienziate di Ri.MED sono: Caterina Alfano, che ricopre un ruolo di leadership e che grazie a Ri.MED è rientrata a Palermo per contribuire ad accrescere la cultura scientifica della propria terra di origine; Claudia Coronnello, focalizzata sull’attualissimo studio dei microRNA, è alla guida di un gruppo di ricerca di ambito tipicamente maschile: algoritmi computazionali basati su tecniche di intelligenza artificiale; Ester Badami, esempio delle sinergie che scaturiscono dal cluster tra Ri.MED, ISMETT e UPMC, studia i meccanismi di risposta immunitaria nelle patologie croniche, quali tumori e infezioni e nel rigetto di organo post trapianto; la giovanissima Arianna Adamo, messinese, che, come altre sue colleghe Ri.MED, si è formata all’Università di Pittsburgh, si occupa di bioingegnerizzazione delle valvole cardiache, ambito caratterizzato da importanti prospettive di trasferimento tecnologico.

Donne con storie diverse, ma che hanno in comune eccezionali competenze scientifiche e la volontà di contribuire con il proprio lavoro a migliorare la salute dei cittadini e lo sviluppo del territorio.

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