“La paura è un peccato” rammenta in uno dei suoi scritti Oriana Fallaci e “La speranza è di tutti o non è speranza” ci dice oggi Don Luigi Ciotti, fondatore di ‘Libera contro le mafie’.
Questo 25esimo anniversario sarebbe stato celebrato a Palermo, se l’emergenza sanitaria per il Covid-19 non avrebbe fatto fare al mondo intero un passo indietro. La celebrazione è solo rimandata ad ottobre, l’impegno e la memoria invece riguardano la quotidianità, le nostre scelte, le nostre responsabilità, la nostra educazione.
In una piazza virtuale, Don Ciotti ricorda il primo giorno di primavera come un 21 marzo impresso nelle nostre “coscienze prima che nei calendari” e lancia un messaggio di speranza. Assistere al tradimento della nostra Costituzione, mentre diventa osmosi tra legale e illegale, in un tempo in cui nonostante la nostra propensione alla vita diventa reclusione per far fronte ad un’emergenza che mette in ginocchio il mondo intero significa non avere scelta. L’unico modo è non sprecare questo tempo che – come ricordato da Don Luigi – è un tempo di speranza per tutti che ci insegna a dare qualità, che ci consente di imprimere i nomi di ogni vittima innocente delle mafie nella nostra coscienza, affinchè il cambiamento cammini con le nostre gambe e si serva delle nostre mani, guidate dai nostri pensieri.

Nel suo discorso che vi riproponiamo di seguito, il fondatore di Libera, come è nel suo stile, non fa giri di parole e non lascia spazio all’immaginazione e alla lettura tra le righe del suo discorso, ricordando chi oggi muore senza il conforto dei propri cari, chi attende giustizia per un figlio, un parente morto ammazzato per mano della mafia, per i carcerati, i senzatetto, gli immigrati, gli oppressi.
“Mai come in questo frangente storico, – dice – nonostante il grande impegno di magistratura e forze di polizia, le mafie sono forti e potenti. Potenti perchè insediate in un sistema economico finanziario che se non criminale è criminogeno e che, se non ha accolto le mafie, non ha fatto di certo nulla per impedirne l’accesso in un intreccio di omissioni, distrazioni e complicità. Ed ecco non solo le zone grigie, ma l’osmosi che si è creata fra legale e illegale: da un lato mafie flessibili, reticolari, imprenditrici e sempre più globali; dall’altro la corruzione e la ‘mafiosizzazione’ di vaste parti di società e dei poteri che le rappresentano. E’ evidente che la lotta alle mafie ha bisogno non solo di un maggior impegno, ma di un nuovo paradigma che non è uno schema ma una sintesi sempre aperta e mobile di un modo d’essere e di vivere l’impegno, dettato da nuove e più profonde consapevolezze. Il contrasto – ha aggiunto Don Ciotti – prima che repressivo, deve essere sociale, educativo, culturale, etico. Non solo prossimità come empatia e comprensione, ma soprattutto giustizia sociale, uguaglianza e dimensione universale dei diritti”.
Una dimensione universale dei diritti che oggi più che mai siamo chiamati a ripensare e rivalutare per riflettere quanto vale nelle nostre singole vite e quanto vale per l’intera società del mondo e del nostro Paese, la cui democrazia viene ogni istante messa in discussione e umiliata. Oggi è crisi: crisi di valori, di umanità, di identità. Ogni italiano ha bisogno di editti e di minacce, ha bisogno di soffrire questa condizione per poter obbedire a un richiamo imperativo di responsabilità sociale, di dovere morale, di comprensione oltre le proprie libertà, modificando esse e la vita in sé.
Di una cosa, però, siamo certi: sperare in un cambiamento positivo, tutti insieme, ci permetterà di attuarlo perchè solo oggi abbiamo la fortuna di comprendere al meglio gli stati d’animo degli oppressi. Costretti a stare in casa, è più facile pensare: a una persona con disabilità motorie che non può uscire quando vuole, ma deve servire le sue necessità; a una persona in carcere o agli arresti domiciliari; a un malato raro che deve prestare molta attenzione ai suoi comportamenti per poter sopravvivere e che avrebbe bisogno dell’altro per le trasfusioni, per la comprensione, per apportare qualità alla sua esistenza; a chi è vittima di violenza di ogni tipo, verbale e fisica, e non riesce a liberarsene; a chi non può essere indipendente, ma ha bisogno di confidare nell’altro; ai nostri nonni che passano la maggior parte delle loro giornate in casa, magari attendendo una visita che non arriverà mai perchè i nipoti e i figli sono troppo presi dalla loro quotidiana frenesia; alla natura e a come deve essersi sentita violentata dagli uomini. L’elenco potrebbe essere ancora lungo, ma toccare il fondo è anche raccogliere le energie per rinnovarle e riemergere più forti e più consapevoli di prima, in grado di ascoltare di più l’altro.
I nomi da imprimere nelle nostre coscienze sono tanti e possiamo ricordarli leggendo qui. Iniziare da Attilio Manca potrebbe renderci cittadini barcellonesi migliori. Conoscere la sua e le altre storie, lottare insieme ai loro cari per giustizia e verità, sarebbe un buon inizio, anzi un bellissimo ‘spreco di tempo’ che oggi ci è improvvisamente concesso.
‘Libera’ ha lanciato una campagna social. Possiamo aggiornare i profili facebook con una cornice, fare un cartello sul quale scrivere il nome della vittima che vogliamo ricordare e fotografarci con un fiore in mano o disegnato sul cartello. Per rendere viva la memoria e partecipare con la nostra presenza su questa piazza virtuale.
