A cura di Simona Rosina, Neuropsichiatra infantile e Psicoterapeuta cognitivo Campus Crescita Auxilium, Barcellona Pozzo di Gotto
Aaron Beck e Albert Ellis sono storicamente riconosciuti come i fondatori del cognitivismo clinico.
L’origine della terapia cognitiva standard viene collocata a partire dalle terapie comportamentali ma in realtà il riferimento critico di Ellis e Beck era la psicoanalisi, da cui entrambi provenivano come formazione.
Negli anni Sessanta si diffonde un’esigenza di rinnovamento dei principi basilari della psicoterapia partendo da ciò che concretamente pensa e prova il paziente. La seconda generazione di psicoterapie nasce proprio dall’incontro delle procedure di terapia comportamentale e cognitiva nella Cognitive-Behavior Therapy (Beck, 1979; Mahoney, 1974; Meichenbaum, 1977).
Dall’integrazione tra le prime due generazioni della terapia comportamentale nasce il concetto di psicoterapia cognitivo-comportamentale ovvero un insieme di interventi psicoterapeutici ed educativi in cui confluiscono procedure mirate alla modificazione non solo dei comportamenti manifesti, ma anche delle convinzioni, degli atteggiamenti, degli stili cognitivi e delle aspettative del soggetto.

Nella terza generazione di psicoterapia cognitivo-comportamentale, invece, l’attenzione di base viene fissata sulle strategie di cambiamento contestuali ed esperienziali, che modificano la funzione degli eventi psicologici, senza intervenire sulla loro forma. Il contestualismo funzionale è la filosofia di ispirazione per questo nuovo approccio perché favorisce uno spostamento di attenzione dai contenuti ai processi mentali e rivolge particolare nota alla libertà di scelta e al perseguimento dei “valori personali” dei pazienti. Questi, infatti, sono stimolati a non ricercare la verità dei propri pensieri ma piuttosto a dedicarsi alla realizzazione dei propri scopi vitali. Ne consegue un atteggiamento di apertura e di accettazione nei confronti degli eventi psicologici, di qualsivoglia contenuto, come opportunità per vivere comunque appieno la propria vita con un atteggiamento di disponibilità nei confronti delle proprie esperienze interne.
Nella terza generazione delle terapie cognitivo-comportamentali troviamo l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT; Hayes, strosahl & Wilson, 1999) e la terapia cognitiva Basata sulla Mindfulness (MBCT; Segal, Williams & teasdale, 2002). Queste forme di psicoterapia anziché focalizzarsi sul cambiamento diretto degli eventi psicologici, si propongono di cambiare la loro funzione e la relazione degli individui con gli stessi, mediante strategie quali la Mindfulness, l’accettazione o la defusione cognitiva.
L’accettazione all’interno degli approcci di terza generazione indica un processo attivo di consapevolezza rispetto alle proprie esperienze interne, così come vengono sperimentate nel qui ed ora. I termini “consapevolezza” e “qui e ora” si legano in modo stretto all’altra strategia di terza generazione ovvero la Mindfulness.
Sistemati in posizione seduta in modo per te confortevole. Prova a tenere la schiena dritta, non rigida, le spalle rilassate, la testa allineata con la schiena, le mani comodamente appoggiate sulle ginocchia. Mantieni una posizione. Osserva le sensazioni di contatto presenti in tutte quelle parti del corpo che aderiscono con ciò che ti sostiene. Osserva la sensazione delle piante dei piedi sul pavimento, le gambe sulla sedia, le mani sulle ginocchia, la schiena appoggiata allo schienale. Adesso portiamo la nostra attenzione sul respiro. Osserviamo che durante l’inspirazione il nostro addome si espande delicatamente e durante l’espirazione si sgonfia e si distende delicatamente. Possiamo anche notare le brevi pause presenti tra un’inspirazione e la successiva espirazione e tra ogni espirazione e la successiva inspirazione. Ascoltiamo profondamente questo flusso di vita continuo, interminabile, inarrestabile. Il respiro può veramente diventare la nostra ancora, perché il respiro è ciò che di più reale e concreto e presente abbiamo, momento per momento ed è sempre presente, sempre disponibile, non dobbiamo cercarlo, non dobbiamo chiederlo a nessuno, semplicemente accorgerci di lui e starci insieme, in modo accogliente, gentile, diventando testimoni del nostro respiro.
In qualsiasi momento potranno comparire dei pensieri che tenderanno ad allontanarci dalla nostra consapevolezza del respiro e del nostro corpo, in questo momento. Quando questo accade semplicemente notiamo che sta accadendo, notiamo che stanno passando dei pensieri, osserviamoli passare, accogliamoli, ma ogni cerchiamo di riportare, il prima possibile la nostra attenzione al nostro corpo e al nostro respiro. Non importa quante volte la nostra mente vagherà altrove, ogni volta ritorniamo nel qui ed ora con il nostro respiro e può essere utile, per portare maggiore consapevolezza al nostro respiro, notare attentamente le sensazioni che il respiro crea a livello dell’addome, notando come cambiano continuamente, a seconda che inspiriamo o espiriamo. Ed ora prova a espandere la tua consapevolezza in modo da includere un senso del tuo corpo preso globalmente, dalla pianta dei piedi fino alla sommità del capo, prendi consapevolezza di questa sensazione di unità totale, notando come il tuo respiro, ora, si espande ovunque nel tuo corpo, sentendo come ogni parte del tuo corpo, ad ogni inspirazione, si carica di energia e di vita, sentendo, ora come tutto il tuo corpo sta respirando”. Questo è un breve esercizio di Mindfulness, uno stato mentale in cui la persona ascolta e osserva le proprie emozioni, le proprie sensazioni fisiche e i propri pensieri, accettandoli così come sono, senza giudicarli, senza cercare di modificarli, né bloccarli.
Mentre si è concentrati sul respiro è possibile che arrivino pensieri interferenti, ad esempio “sto respirando troppo veloce” oppure “devo riprendere fiato”; tutto questo rischia di spostare l’attenzione su considerazioni ad esso relative, allontanandosi dalla consapevolezza del qui e ora. Gli esercizi di Mindfulness insegnano proprio a riconoscere i pensieri e i giudizi che la mente produce costantemente e a ritornare gentilmente alla consapevolezza dell’esperienza del momento (in questo caso il respiro). Riuscire a prestare attenzione alle proprie esperienze interne promuove un aumento della consapevolezza e ciò produce e rinforza risposte comportamentali più flessibili, efficaci e guidate dagli scopi personali. Divenire consapevoli dei propri pensieri, emozioni e sensazioni, inoltre, aiuta a prenderne le distanze. Come afferma Kabat-Zinn (1990), i pensieri sono solamente pensieri, non rappresentano la realtà; la consapevolezza dei pensieri porta al distanziamento da questi e alla possibilità di entrarci in relazione per quello che in realtà sono: semplici eventi mentali, indipendentemente dal loro contenuto o dalla loro carica emotiva. Grazie alle abilità di Mindfulness, dunque, si porta alla coscienza la propria esperienza interna incrementando la disponibilità della mente ad accettarle per quello che sono.
BIBLIOGRAFIA
- Beck, a. t., rush, a. J., shaw, B. F., & emery, g. (1979). Cognitive Therapy of Depression.
- Kabat-zinn, J. (1990). Full Catastrophe Living: Using the Wisdom of your Mind to Face Stress, Pain and illness. new York: dell publishing.
- Hayes SC, Strosahl K, Wilson KG (1999). Acceptance and commitment therapy : an experiential approach to behavior change, Guilford Press, New York ; London.
- Mahoney, m. J. (1974). Cognition and behavior modification. cambridge, ma: Ballinger.
- Meichenbaum, d. H. (1977). Cognitive-behavior modification: An integrative approach. new York: plenum press. Miller, a. (1996).
- Segal, z. v., Williams, J. m., & teasdale, J. d. (2002). Mindfulness-based cognitive therapy for depression: A new approach for preventing relapse. new York: guilford press. trad. it. Mindfulness. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. torino: Bollati Boringhieri, 2006.