Per la medicina estetica, gli ultimi due anni hanno significato il consolidamento di esperienze, che gli esperti del settore hanno deciso di condividere durante i tre giorni del congresso della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME).
La medicina estetica è fatta di tante terapie, ognuna delle quali ha una finalità ben precisa. “Le superfici, il colore della cute e i volumi del corpo – afferma il professor Bartoletti, Presidente della Società Italiana di Medicina Estetica – devono essere sempre considerati tutti quanti insieme. È impensabile che un medico estetico, per migliorare la qualità della pelle, faccia solo filler, tralasciando peeling e laser, perché questo vuol dire non prendere in carico il paziente in maniera completa e corretta, ma ‘vendergli’ dei trattamenti che qualche volta sono anche fuori indicazione. Questi tre aspetti vanno considerati tutti contemporaneamente se si vuole ambire al miglior risultato. Che deve essere quanto più possibile ‘naturale’ e gradevole. Tutte le terapie effettuate in medicina estetica inoltre devono essere sostenute da sperimentazioni cliniche rigorosamente pubblicate su riviste scientifiche e devono essere offerte da medici estetici preparati, che abbiamo seguito un percorso formativo e conoscano bene macchinari e terapie da utilizzare, ma soprattutto, ripeto, che sottopongono il paziente ad un check up completo di medicina estetica”.
Sempre più importante è anche la valenza sociale della medicina estetica. “Oltre alle Breast Unit e alle Obesity Unit, che dovrebbero comprendere sempre anche la presenza di un medico estetico, una cosa importantissima che fa la medicina estetica è anche quella di screenare e intercettare una serie di patologie. Durante il check up di medicina estetica ci capita spesso di scoprire melanomi e altri tumori della pelle, cheratosi attiniche, insufficienze venose degli arti inferiori, casi di ipertensione arteriosa; la medicina estetica insomma, come effetto ‘collaterale’ permette anche di contribuire alla diagnosi precoce di molte patologie”.
Le novità del congresso
La novità dal punto di vista farmacologico di questo periodo è la tossina botulinica liquida, una formulazione diversa, già diluita e pronta all’uso (non va ‘ricostituita’ come le precedenti e questo evita errori di dosaggio), ha un’azione precisa, rapida (i risultati cominciano ad essere visibili già dopo 24 ore e durano fino a 6 mesi) e potente. È disponibile in siringhe dall’ago molto sottile, che consentono di erogare quantità fisse di tossina ad ogni ‘click’, ruotando lo stantuffo, per rilasciare in modo preciso e accurato le unità di tossina desiderate. È approvata come tutte le altre per il trattamento delle rughe glabellari (quelle verticali sopra la radice del naso, nello spazio tra le sopracciglia).
Una tendenza che si va consolidando da qualche anno è quella di ottenere dei buoni risultati estetici, utilizzando una minor quantità di prodotto, sia che si tratti di filler o altro. I risultati migliori con il filler non si ottengono più iniettando grandi quantità nel volto, come purtroppo si è fatto in passato.
“Al contrario – spiega il professor Bartoletti – attraverso lo studio dell’anatomia si è cercato di individuare i ‘trigger point’ del volto, rappresentati dai legamenti (strutture che ancorano il derma all’osso), dando sostegno ai quali con l’iniezione di filler, si riesce ad avere un discreto risollevamento dei tessuti. È ovvio che questo effetto ‘lifting’ è abbastanza valido solo se i tessuti sono ‘leggeri’, come accade nei soggetti magri. Quando, con l’invecchiamento, l’osso e il sottocutaneo si riducono di volume e i legamenti si ‘allungano’ un po’, i tessuti del volto tendono a ‘cadere’; ma iniettando piccole quantità di acido ialuronico (o altri filler come l’idrossiapatite di calcio) in questi legamenti si riesce a rimetterli ‘in tensione’. I vantaggi sono quelli di ottenere un buon risultato, senza ‘trasformare’ la paziente, rendendo la procedura più economica e meno invasiva (meno punture significa anche ridurre la possibilità di formazione di lividi ed ematomi). In linea col principio che la medicina estetica deve sempre tendere ad un risultato ‘naturale’, poco visibile”.
Novità per collo e decolleté. “Il ‘trattamento’ migliore per quest’area – afferma il professor Bartoletti – resta la prevenzione perché tutte le terapie di medicina estetica hanno effetti limitati in questa zona difficile da trattare. Biostimolazione e fili di sospensione o di biostimolazione, possono essere usati, ma solo in fase veramente iniziale perché la fibrosi che vanno a creare i fili consenta di mantenere il più a lungo possibile adesi i tessuti superficiali a quelli sottostanti, prevenendone lo scollamento che porterà poi inevitabilmente al cedimento. In caso di lieve cedimento a livello di bordo mandibolare e collo, la tecnica endolift, ha confermato di essere sicura ed efficace. Si tratta di una fibra ottica che viene inserita al di sotto del derma, che attraverso una luce laser crea delle piccole retrazioni a livello subdermico, che hanno la capacità di riattacare i tessuti superficiali a quelli profondi, migliorando i cedimenti. Quando il problema è invece un po’ più avanzato, l’unica terapia efficace è quella chirurgica, con il lifting del terzo medio del volto e del collo. Ma, anche in questo caso, il moderno concetto di lifting è completamente stravolto rispetto al passato. Mentre prima i visi si andavano a ‘stirare’ al punto che a volte si cambiava anche l’espressione della bocca, adesso si cerca un risultato del lifting che sia poco visibile, perché l’obiettivo non è tanto quello del ‘ringiovanimento forzato’, quanto far ottenere al paziente un aspetto un po’ più riposato e come sempre in medicina e chirurgia estetica, far portare bene ai pazienti la propria età”.
Lo sguardo. La regione orbitaria è una di quella che si presta bene alla sinergia di varie terapie, che ben studiate in abbinamento, possono dare ottimi risultati. “In questa zona – spiega il professor Bartoletti – utilizziamo filler a base di acido ialuronico o idrossiapatite di calcio per ‘riempire’ un occhio troppo scavato o un bordo orbitario (la parte ossea sottostante al sopracciglio) che comincia ad ‘appiattirsi’, portando ad un cedimento e all’abbassamento della coda del sopracciglio. Negli ultimi tempi sono stati messi a punto dei trattamenti di biostimolazione (a base di polinucleotidi o di peptidi biomimetici) che hanno come indicazione proprio la regione perioculare che ha la caratteristica di avere una cute molto sottile, che spesso risponde ‘troppo’ alle terapie (es. formazione di ‘pomfi’ duraturi in caso di biostimolazione).”
Altre procedure di successo sulle occhiaie vengono dalla medicina rigenerativa: sia le pappe di piastrine che le cellule staminali da tessuto adiposo (diventate una metodica molto amata dalla medicina estetica, grazie a dei kit che permettono di standardizzare tutta la procedura) danno risultati eccellenti, senza provocare i problemi tipici dei filler (es. l’effetto Tyndal, cioè il grigiore conferito dai trattamenti con acido ialuronico troppo denso o iniettato troppo in superficie, gli edemi da filler a base di idrossiapatite di calcio).