Dante Alighieri – in esilio dal 1302 – indirizzò una lettera aperta ai fiorentini il 31 marzo 1311 in cui esortò gli scelleratissimi guelfi neri che governavano la sua città a sottomettersi a Enrico VII°, l’imperatore del Sacro Romano Impero. Nel messaggio in cui ostentava un tono profetico ha introdotto gli stessi argomenti sviluppati nel De Monarchia, che stava scrivendo in quegli anni. Opponendosi alla opinione comune, affermava in particolare che la sola vera libertà è l’obbedienza spontanea alla legge di Cesare, che nella Divina Commedia allegoricamente è presentato come il veltro che per volontà divina ha il compito di governare su tutta l’umanità. Per Dante egli rappresentava l’utopia dell’unico potere, garanzia di convivenza civile. Tutti gli altri poteri – di principi o dei comuni – non tutelavano se non interessi privati.
Nella attuale crisi profonda si può considerare una utopia – non diversa da quella di Dante – l’idea che il mondo venga governato unitariamente per il bene di tutta l’umanità, con un patto salvifico tra i governanti di tutto il pianeta. In Italia invece i politici preferiscono mettere al centro del dibattito le polemiche sul “coprifuoco”.
Come nel XIV° secolo, anche oggi è difficile far accettare a tutti che la vera libertà coincide con l’obbedienza spontanea a norme, divieti e limitazioni, che invece vengono bollati come illiberali da quanti, in cerca del consenso popolare, propongono l’abolizione del lockdown. Purtroppo molti cittadini si sentono schiavizzati, perché non vivono in serenità; per essi è difficile la interiorizzazione, l’autocoscienza che le rigide regole di convivenza, per il momento, sono ancora necessarie per la salvezza di tutti. Ciò naturalmente non significa che viene tolto il diritto di pensare liberamente e diversamente. Ma purtroppo la cronaca di tutti i giorni registra proteste e violenze sempre più frequenti, alimentate da parte di negazionisti della pandemia, che fomentano odio, soffiando sulle legittime rivendicazioni di gran parte del mondo del lavoro, di piccoli e medi imprenditori che vivono in uno stato di debolezza materiale e spirituale, al limite della alienazione totale, che spinge a credere che dichiarare in quarantena le zone contagiate dalla peste sia lo strumento per schiavizzare i cittadini.
Il padre della lingua italiana, fustigatore dei suoi contemporanei, giudicava nave senza nocchiero in gran tempesta non solo l’Italia, ma tutto il mondo. Egli aveva fiducia che la Chiesa e l’Impero (compresi tutti i cittadini europei) fossero ricondotti da Dio alle loro responsabilità per operare la renovatio, la ricostruzione.
Anche oggi – in un clima disastrato sul piano economico, oltre che sanitario – a livello internazionale come a livello locale una moderna renovatio (recovery plan) può essere realizzata non da singoli stati, ma dall’Unione Europea delle dodici stelle sul fondo azzurro, lottando contro le tempeste dei nostri tempi.
Nel disegno geopolitico globale l’economia mondiale è sottoposta ai rischi di una finanza distruttiva senza regole e di un capitalismo in affanno. L’Europa unita è oggi l’estremo ancoraggio che può consentirci di confrontarci alla pari con la Russia e la Cina, collaborando con gli Stati Uniti di Biden, che – dopo la sconfitta di Tramp – sono tornati a rappresentare un punto di riferimento per una politica internazionale in favore della difesa dell’ambiente e degli interessi comuni a tutto il pianeta, contro il disordine della globalizzazione forsennata delle multinazionali, contro la tecnocrazia dilagante senza freni, contro l’inquinamento ambientale e contro l’omologazione che annulla le differenze culturali, che sono la vera ricchezza dei paesi sottosviluppati. E noi non possiamo stare alla finestra; dobbiamo impegnarci a costruire anche a livello locale un domani consono alla prossima transizione ecologica …