Ha cinquantasei anni Andrea Scarpaci, un passato alle spalle come ristoratore di successo e un presente da disoccupato in cerca di lavoro.
La sua è la storia emblematica di migliaia di piccoli imprenditori italiani, per i quali le restrizioni causate dalla pandemia hanno significato la fine drastica di attività portate avanti per anni con grandi sacrifici. La mancata erogazione dei ristori, anche se irrisori, per molti di loro è stata la causa principale della chiusura definitiva.
Oggi Andrea vive solo grazie alla pensione della madre ottantasettenne, che per dodici anni lo ha anche aiutato nella gestione della trattoria “La Taverna”.
L’attività di ristoratore prima del lockdown
Il ristorante, in cui si gustavano piatti tipici della cucina siciliana, ha iniziato la sua attività in contrada Marsalini il 16 dicembre 2007. Successivamente, per cause di forza maggiore, è stato chiuso il 30 giugno 2019 per essere spostato in un piccolo locale nel quartiere balneare di Calderà.
L’inaugurazione di “Andremare” è avvenuta il primo novembre 2019, esattamente quattro mesi prima dello scoppio della pandemia. Tutto sembrava procedere a gonfie vele per Andrea Scarpaci. Uomo molto versatile, non si è mai limitato a vestire i panni di semplice ristoratore, ma ha anche collaborato con i dipendenti nelle mansioni di sala e di cucina, oltre ad animare un pianobar molto apprezzato dai suoi clienti.
Il declino inesorabile a causa della pandemia
Ai primi di marzo 2020, però, nonostante tutta la sua determinazione, si è ritrovato nell’impossibilità di richiedere i ristori. La sua ditta individuale, appena aperta, era priva del bilancio relativo all’anno precedente necessario per accedere all’erogazione dei contributi statali e per usufruire anche del credito d’imposta al sessanta per cento previsto sugli affitti dei tre mesi del lockdown.
L’incertezza del futuro
“A giugno – afferma Andrea Scarpaci- dopo aver accumulato debiti relativi al pagamento delle utenze e non avendo goduto di alcuna forma di finanziamento, ho dovuto prendere la decisione molto sofferta di non riaprire più i battenti. La mia è una condizione simile a migliaia di ristoratori e di piccoli imprenditori, soprattutto giovani, che avevano intrapreso un’attività poco tempo prima della diffusione del Covid. Adesso ci ritroviamo tutti senza lavoro e senza la possibilità di ambire ad un futuro decente. Con la crisi economica dilagante, pur rinunciando a tutte le aspirazioni, è, infatti, molto complicato trovare qualsiasi occupazione”.