La presentazione di un libro sulla storia del movimento antiracket come occasione per parlare di legalità davanti a circa sessanta studenti. L’iniziativa, promossa dall’associazione antiracket “Fonte di Libertà”, ha coinvolto gli alunni delle terze medie dell’Istituto comprensivo di Terme Vigliatore.
“Siete voi oggi il nostro interlocutore principale – ha esordito il presidente di Fonte di Libertà, Salvatore Barresi, rivolgendosi alla platea composta tra gli altri anche da rappresentanti delle istituzioni: dai sindaci di Terme Vigliatore, Furnari e Falcone ai vertici locali di polizia, carabinieri e Guardia di finanza. Barresi ha ripercorso le tappe che tre anni fa portarono alla nascita dell’associazione: le prime denunce contro il “pizzo” hanno fatto da apripista, scosso le coscienze, trasmettendo anche ad altri imprenditori la forza di reagire. Oggi Fonte di Libertà è cresciuta e può contare su una ventina di soci. “Non c’è però nessuna voglia di autocelebrarsi – precisa uno di loro, Benedetto Gianlombardo, testimone di giustizia nel processo Mustra contro le nuove leve del clan dei Barcellonesi, specializzate nel racket delle estorsioni. “Sono qui per testimoniare il valore della denuncia che può avere un effetto dirompente, soprattutto quando non è isolata”, ha aggiunto Gianlombardo.
Fondata nell’ottobre 2012, l’attività di Fonte di Libertà si inserisce in un contesto più ampio, quello della Fai – la Federazione nazionale antiracket, presieduta da Pippo Scandurra – una rete di 80 associazioni nata sulla scorta di quanto avvenne nel 1990 a Capo d’Orlando, quando un gruppo di imprenditori costituì la prima associazione antiracket italiana. “Fu una rivoluzione copernicana – ricorda Tano Grasso, presidente onorario della Fai – fino ad allora si pensava che la soluzione al problema del pizzo dipendesse solo dallo Stato. E invece ventisei anni fa capimmo che dipendeva anche da noi. Così ci siamo parlati, ci siamo fatti forza e abbiamo smesso di avere paura. Badate bene – ha detto Grasso agli studenti – pagare il pizzo non è un problema economico ma un problema di libertà: è per questo che abbiamo reagito”.
Mentre prima “veniva accettato quasi come una tassa parallela – ha spiegato il procuratore capo di Barcellona Pozzo di Gotto, Emanuele Crescenti – il movimento antiracket ha insegnato che c’è una strada alternativa a quella di subire passivamente. La difesa della legalità è anche una questione di orgoglio”.
Nella battaglia alla mafia, l’istruzione svolge ovviamente un ruolo fondamentale. Lo ha sottolineato nel suo intervento il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Terme Vigliatore, Enrica Marano: la scuola è un avamposto di legalità, un luogo in cui, a “colpi” di cultura, si può estirpare il male alla radice.
E proprio con le scuole la Fai continuerà a confrontarsi nell’ambito di un progetto che nei prossimi mesi coinvolgerà anche altri istituti dell’hinterland barcellonese. “Ci rivedremo molto presto”, la promessa di Scandurra agli studenti.